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Il cammino verso il compimento dell’uomo tra amore, dono e carità (30-4-2013) |
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Il cammino verso il compimento dell’uomo tra amore, dono e carità
A cura di Michele Lasala
CITTA’ DEL VATICANO, 25 APRILE - «Cari fratelli e sorelle, buongiorno! NelCredo noi professiamo che Gesù “di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti”. La storia umana ha inizio con la creazione dell’uomo e della donna a immagine e somiglianza di Dio e si chiude con il giudizio finale di Cristo. Spesso si dimenticano questi due poli della storia, e soprattutto la fede nel ritorno di Cristo e nel giudizio finale a volte non è così chiara e salda nel cuore dei cristiani. Gesù, durante la vita pubblica, si è soffermato spesso sulla realtà della sua ultima venuta. Oggi vorrei riflettere su tre testi evangelici che ci aiutano ad entrare in questo mistero: quello delle dieci vergini, quello dei talenti e quello del giudizio finale. Tutti e tre fanno parte del discorso di Gesù sulla fine dei tempi, nel Vangelo di san Matteo».
NELL’ATTESA DELLA SUA VENUTA – Con queste parole Papa Francesco apre l’Udienza generale di mercoledì 24 aprile, invitando i cristiani a porre l’attenzione in particolar modo sul dono che Cristo ci offre con la sua presenza, con la sua venuta, con la sua resurrezione. Essere cristiani significa innanzi tutto ringraziare il Signore di tutto quello che Egli ci dà, compresa la nostra singola e individuale esistenza, che è segno e cifra della nostra natura di uomini. Attraverso l’Ascensione, Cristo ha portato al Padre la nostra stessa umanità e ha chiamato tutto il mondo «ad essere accolto tra le braccia aperte di Dio, affinché, alla fine della storia, l’intera realtà sia consegnata al Padre». Il tempo che stiamo vivendo, prosegue il Papa, è il “tempo immediato” tra la prima venuta di Cristo e l’ultima, ed è proprio in questo “tempo immediato” che si colloca la parabola delle dieci vergini. Questa parabola racconta di dieci ragazze vergini che aspettano l’arrivo dello Sposo, ma questi purtroppo tarda ad arrivare e così le vergini ragazze si addormentano. All’improvviso annuncio che lo Sposo sta arrivando, tutte si preparano ad accoglierlo. Cinque di esse, le sagge, hanno olio per alimentare le proprie lampade; le altre cinque, le stolte, restano con le lampade spente, perché non hanno olio per alimentarle. Ma mentre cercano l’olio, arriva lo Sposo e le vergini stolte trovano chiusa la porta che introduce alla festa nunziale. Bussano insistentemente, ma ormai è troppo tardi e lo Sposo risponde dicendo di non conoscerle. «Lo Sposo è il Signore, e il tempo di attesa del suo arrivo è il tempo che Egli ci dona, a tutti noi, con misericordia e pazienza, prima della sua venuta finale; è un tempo di vigilanza; tempo in cui dobbiamo tenere accese le lampade della fede, della speranza e della carità, in cui tenere aperto il cuore al bene, alla bellezza e alla verità; tempo da vivere secondo Dio, poiché non conosciamo né il giorno, né l’ora del ritorno di Cristo». Il messaggio della parabola è quello che ci invita ad essere preparati all’incontro, all’incontro con Cristo, ma per poter far questo occorre essere svegli, vigili, attenti alla realtà, attenti al presente. Perché è proprio nell’ora che si vive la realtà, è proprio nel presente che si dispiega il significato della parola di Dio, il significato della presenza di Cristo. Attendere la seconda venuta di Gesù significa illuminare la sua presenza con le lampade dei nostri occhi, e vedere così nel finito la magnificenza dell’eterno.SIAMO NEL TEMPO DELL’AZIONE – «La seconda parabola, quella dei talenti, ci fa riflettere sul rapporto tra come impieghiamo i doni ricevuti da Dio e il suo ritorno, in cui ci chiederà come li abbiamo utilizzati», prosegue il Papa durante l’udienza. «Un cristiano che si chiude in se stesso, che nasconde tutto quello che il Signore gli ha dato è un cristiano… non è cristiano! E’ un cristiano che non ringrazia Dio per tutto quello che gli ha donato! Questo ci dice che l’attesa del ritorno del Signore è il tempo dell’azione – noi siamo nel tempo dell’azione -, il tempo in cui mettere a frutto i doni di Dio non per noi stessi, ma per Lui, per la Chiesa, per gli altri, il tempo in cui cercare sempre di far crescere il bene nel mondo». Il tempo che noi viviamo, la nostra stessa vita è tempo dell’azione, è il tempo per mettere a frutto tutto quello che il Signore ci ha donato. Essere cristiani significa portare alla luce del mondo tutto quello che Dio ci ha dato, tutto quello che Dio ci ha offerto. Solo così è possibile ringraziare il Signore. È attraverso ciò che noi abbiamo che è possibile testimoniare quello che noi siamo. Noi siamo in virtù della grazia ricevuta da Dio.FIDES ET CARITAS – «Infine, una parola sul brano del giudizio finale, in cui viene descritta la seconda venuta del Signore, quando Egli giudicherà tutti gli esseri umani, vivi e morti (cfr Mt 25,31-46). L’immagine utilizzata dall’evangelista è quella del pastore che separa le pecore dalle capre. Alla destra sono posti coloro che hanno agito secondo la volontà di Dio, soccorrendo il prossimo affamato, assetato, straniero, nudo, malato, carcerato […], mentre alla sinistra vanno coloro che non hanno soccorso il prossimo. Questo ci dice che noi saremo giudicati da Dio sulla carità, su come lo avremo amato nei nostri fratelli, specialmente i più deboli e bisognosi». Il giudizio di Dio dipende da come noi abbiamo risposto alla sua grazia, da come noi abbiamo accolto il suo messaggio. Dipende dal nostro modo di intendere la fede, di intendere l’amore. Ma soprattutto dipende dalla nostra apertura a Dio stesso. Quanto più la nostra vita sarà aperta a Cristo, tanto più saremo in grado di cogliere la bellezza del Creato. Bellezza che è nella luce degli astri così come negli occhi di chi ci sta a fianco.
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