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Poesie, aforismi, filosofia, foto del mondo, concorsi, matematica, personaggi, UFO. |
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Riflessioni di Leo Ferrè sulla poesia (13-05-2012) |
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Prefazione
La poesia non canta più
La poesia moderna non canta più... striscia.
Però ha il privilegio della distinzione... non frequenta le parole malfamate, anzi le ignora.
Si prendono le parole con le pinze: a "mestruale" si preferisce "periodico", e si ripetono dei termini medici che non dovrebbero uscire dai laboratori o dai trattati di medicina.
Lo snobismo scolastico che consiste nel non usare in poesia che certe parole ben definite, nel privarla di certe altre, che siano tecniche, mediche, popolari o dialettali, mi fa pensare al prestigio dei baciamano e delle vaschette lava dita.
Non sono le vaschette lava dita a rendere le mani pulite né il baciamano crea la tenerezza.
Non è la parola che fa la poesia, è la poesia che illustra la parola.
Gli scrivani che fanno ricorso alle dita per sapere se tornano i conti dei piedi, non sono dei poeti: sono dei dattilografi.
Oggigiorno il poeta deve appartenere ad una casta, a un partito o al bel mondo.
Edward Hopper, Automat (1927)
Leo Ferré durante un recital
Il poeta che non si sottomette è un uomo mutilato.
La poesia è un clamore e deve essere ascoltata come la musica.La poesia destinata ad essere soltanto letta e rinchiusa in veste.tipografica non è ultimata. Il senso le viene dato dalla corda vocale così come al violino viene dato dall'archetto.
Il riunirsi in mandrie è un segno dei tempi. Del nostro tempo.
Gli uomini che pensano in circolo hanno le idee curve.
Le società letterarie sono ancora la Società.
Il pensiero messo in comune è un pensiero comune.
Mozart è morto solo, accompagnato alla fossa comune da un cane e da dei fantasmi.
Renoir aveva le dita rovinate dai reumatismi.
Ravel aveva un tumore che gli risucchiò di colpo tutta la musica.
Beethoven era sordo.
Si dovette fare la questua per seppellire Bela Bartok.
Rutebeuf aveva fame.
Villon rubava per mangiare.
Tutti se ne fregano.
L'Arte non è un ufficio di antropometria. La Luce si accende solo sulle tombe.
Noi viviamo in un'epoca epica ma non abbiamo più niente di epico.
Si vende la musica come il sapone da barba. La stessa disperazione si vende, non resta che trovare la formula giusta.
Tutto è pronto: i capitali
La pubblicità
I clienti
Chi dunque inventerà la disperazione?
Con i nostri aerei che fregano il sole.
Con i nostri magnetofoni che si ricordano delle "voci ormai spente", con le nostre anime ormeggiate in mezzo alla strada, noi siamo sull'orlo del vuoto, confezionati come carne in scatola, a veder passare le rivoluzioni.
Non dimenticate che l'ingombrante nella Morale, è che si tratta sempre della Morale degli Altri.
I canti più belli sono quelli di rivendicazione.
I versi devono fare l'amore nella testa dei popoli. Alla scuola della poesia non si impara: CI SI BATTE.
René Magritte, L'impero delle luci (1954)
LA SOLITUDINE (testo della canzone-poesia del 1972)
Io vengo da un altro mondo, da un altro quartiere, da un'altra solitudine.
Oggi come oggi mi creo delle scorciatoie. Io non sono più dei vostri.
Aspetto dei mutanti. Biologicamente me la cavo, con l'idea che ho della biologia: piscio, eiaculo, piango.
Innanzi tutto noi dobbiamo lavorare le nostre idee come se fossero dei manufatti.
Io sono pronto a procurarvi gli stampi. Ma...
La solitudine...
Gli stampi sono di una materia nuova, vi avverto. Sono stati fusi domani mattina.
Se voi non avete di questo giorno, il senso relativo della vostra durata,
è inutile tramandare a voi stessi, è inutile guardare davanti a voi
perchè il davanti è il dietro, la notte è il giorno. Ma...
La solitudine...
Innanzi tutto le lavanderie agli angoli delle strade,
sono imperturbabili così come il verde o il rosso dei semafori.
I poliziotti del detersivo vi indicheranno dove vi sarà possibile lavare
ciò che voi crediate sia la vostra coscienza
e che non è altro che una succursale di quel fascio di nervi che vi serve da cervello. E pertanto...
La solitudine...
La disperazione è una forma superiore di critica. Per ora noi la chiameremo "felicità",
perchè le parole che voi adoperate non sono più "parole",
ma una specie di condotto attraverso il quale gli analfabeti hanno la coscienza a posto. Ma...
La solitudine...
Del codice civile ne parleremo più tardi. Per ora, io vorrei codificare l'incodificabile.
Io vorrei misurare il pozzo di San Patrizio delle vostre democrazie.
Vorrei immergermi nel vuoto assoluto, e divenire il non detto,
il non avvenuto, il non vergine per mancanza di lucidità!
La lucidità, me la tengo nelle MUTANDE!!!
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