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Poesie, aforismi, filosofia, foto del mondo, concorsi, matematica, personaggi, UFO. |
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Copyright @ opere di Domenico Ruggiero
- CITARE sempre la fonte.
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Festa di Tutti i Santi (da www.partecipiamo.it - 28-10-2012) |
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La morte, un momento con cui tutti dovremo prima
o poi fare i conti, crea in tutti noi ansie,
preoccupazioni, paure!
Vediamo cosa ne pensano poeti, filosofi e
scrittori e facciamoci aiutare da loro per avere,
con essa, un rapporto più sereno,
consapevole ed equilibrato.
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Dieci pensieri sulla Festa di Tutti i Santi
1. IL 1° novembre è la Solennità di Tutti i Santi. Si tratta di
una festa popolare e cristiana, molto sentita dalle nostre
popolazioni, che vuole ricordare in un'unica Solennità
coloro che ci hanno preceduto nel cammino della fede
e della vita, godono la beatitudine eterna e sono cittadini
a pieno diritto del cielo, la patria comune di tutta l’umanità
di tutti i tempi.
Il giorno di Tutti i Santi si festeggia ormai da circa mille
anni. Furono i monaci benedettini di Cluny a diffondere
questa Festività.
2. In questa memoria liturgica celebriamo tutti quei
cristiani che - dichiarati o no Santi o Beati dalla Chiesa -
già godono la visione beatifica di Dio e sono già in Cielo.
Di qui il nome: Solennità di Tutti i Santi.
3. Santo è quel cristiano che, conclusa la sua esistenza
terrena è già alla presenza di Dio e - per dirla con le parole
dell’apostolo Paolo - ha ricevuto “la corona della gloria”.
4. Il santo è il riflesso della gloria e della santità di Dio.
Sono modelli di vita per i cristiani e nostri intercessori
poiché possiamo chiedere loro aiuto e la loro intercessione
presso Dio. Sono così degni di meritare il nostro culto
e la nostra venerazione.
5. Il giorno di Tutti i Santi include nella propria celebrazione
i santi popolari e conosciuti, straordinari cristiani a cui la
Chiesa dedica uno speciale giorno dell’anno.
6. Ma il giorno di Tutti i Santi è specialmente il giorno
dei “Santi anonimi”.
Il giorno di Tutti i Santi è giornata per ricordare
opportunamente la chiamata alla santità cui devono
tendere tutti i battezzarti cristiani. È l’occasione per
prendere coscienza una volta di più della chiamata
del Signore a essere perfetti e santi come Dio è
perfetto e santo.
7. Si tratta di un impegno fondamentale del cristiano
poiché l’universale chiamata alla santità nella Chiesa
è compito di tutti e di ogni singolo battezzato, la santità
non è patrimonio di alcuni pochi privilegiati.
È il destino di tutti, proprio come lo fu per la grande
moltitudine di Santi anonimi che oggi ricordiamo
e festeggiamo.
8. La santità cristiana consiste nel vivere e osservare
i comandamenti e le beatitudini. Il Santo non è un angelo,
è un uomo in carne e ossa.
Il santo è colui che vive la propria fede con gioia e fatica,
che lotta ogni giorno e vive nell’amore, per amore, per amare.
“Il santo è colui che è così affascinato dalla bellezza di Dio
e dalla sua perfetta verità da lasciarsene trasformare.
Per questa bellezza e verità è disposto a rinunciare a tutto,
anche a se stesso. Gli è sufficiente l’amore di Dio, che
sperimenta e vive nel servizio umile e disinteressato del
prossimo” (Benedetto XVI).
9. La santità si guadagna, si raggiunge e si consegue qui
in Terra con l’aiuto della grazia e con l’impegno quotidiano,
amando Dio sopra ogni cosa e il prossimo come sé stessi.
L’affanno di ogni giorno fa intravvedere e in qualche modo
anticipa il volto dell’eternità. Il Cielo non può attendere,
è vero. Ma il Cielo/la santità si guadagna qui sulla terra.
10. lL giorno di Tutti i Santi ci parla della vita umana che non
termina con la morte; la vita non ci viene tolta ma è
trasformata e vissuta nella beata eternità di Dio.
lL giorno di Tuttii Santi è una giornata di celebrazione
e di autentica catechesi dei misteri della nostra fede,
i novissimi: morte, giudizio, inferno e Paradiso.
Tommytom
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FESTIVITA’ DI OGNISSANTI - E - COMMEMORAZIONE
DEI MORTI. |
E’ la festa cattolica di tutti i santi con la quale si vuoleo
onorare non solo i santi, iscritti nel Martirologio romano
e nel calendario delle singole Chiese, ma tutti i trapassati
che godono la gloria del Paradiso.
Di origine antica,
la festività di
Ognissanti, dapprima
dedicata
ai soli martiri, era
celebrata,
nelle varie Chiese, subito dopo
la Pasqua; fu spostata, poi dopo
la Pentecoste.
IL 13 maggio 609, con decorrenza 610, il Papa Bonifacio IV dedicò
il Pantheon in onore della Madre di Dio e di tutti i martiri e ogni
anno se ne celebrava l’anniversario con grande solennità
e largo concorso di pellegrini.
Da queste feste sembra derivare quella di Tutti i Santi,
fissata al primo di novembre dell’anno 835 dal Papa
Gregorio IV. Più tardi, nel 998, Odilo abate di Cluny
aggiungeva la celebrazione, nel giorno seguente,
della festa di tutte le anime a soddisfare l 'aspirazione
generale per un giorno di commemorazione dei morti.
Nell’antico e colorito, ma realistico, mondo contadino
esiste un proverbio legato al primo giorno del mese
di novembre:
"Ognissanti, manicotti e guanti",
la comparazione è chiara: comincia la stagione fredda.
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1 e 2 Novembre - Ognissanti e il giorno dei morti |
IL giorno dei morti fu ufficialmente collocato alla data
del 2 Novembre nel X sec. d.c. circa, praticamente
fondendosi con il 1 Novembre, già festa di ognissanti
dall'anno 853, per sovrapporsi alle più antiche celebrazioni
di quei giorni.
Tra il popolo comunque, le vecchie abitudini furono
adattate alla nuova festa e al suo mutato significato,
mantenendo la credenza che in quei giorni i defunti
potevano tornare tra i viventi, vagando per la terra
o recandosi dai parenti ancora in vita.
In tutta italia si possono ancora oggi ritrovare gesti
e pratiche tradizionali per la celebrazione di queste feste.
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Riti popolari per i defunti - Cibo tradizionale |
In quasi tutte le regioni possiamo trovare pratiche e
abitudini legate a questa ricorrenza. Una delle più diffuse
era l'approntare un banchetto, o anche un solo un piatto
con delle vivande, dedicato ai morti. |
Qualche esempio caratteristico. |
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In Abruzzo si decoravano le zucche, e i ragazzi
di paese andavano a bussare di casa in casa
domandando offerte per le anime dei morti,
solitamente frutta di stagione, frutta secca e dolci.
Questa tradizione è ancora viva in alcune località
abruzzesi.
Diffusa è anche l'usanza della questua fatta da
schiere di ragazzi o di contadini e artigiani che
vanno di casa in casa cantando un'appropriata canzone.
A Pettorano sul Gizio (Abruzzo) essa suona così:
"Ogge è lla feste de tutte li sande:
Facete bbene a st'aneme penande…
Se vvu bbene de core me le facete,
nell'altre monne le retruverete."
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In Calabria, nelle comunità italo-albanesi, ci si
avviava praticamente in corteo verso i cimiteri:
dopo benedizioni e preghiere per entrare
in contatto con i defunti, si approntavano
banchetti direttamente sulle tombe, invitando
anche i visitatori a partecipare. |
In Emilia Romagna nei tempi passati, i poveri andavano
di casa in casa a chiedere "la carita' di murt",
ricevendo cibo dalle persone da cui bussavano. |
In Friuli - a quanto informa l'Osterimann - "i contadini
lasciano un lume acceso, un secchio d'acqua e un po'
di pane sul desco".
E' il motivo che ispira la già ricordata poesia del
Pascoli "La tovaglia", dove la sensazione della
presenza dei morti nella casa, nel silenzio della notte,
è resa in maniera oltremodo commovente e suggestiva:
"Entrano, ansimano muti:
ognuno è tanto mai stanco!
e si fermano seduti
la notte, intorno a quel bianco.
Stanno li sino a domani
col capo tra le mani,
senza che nulla si senta
sotto la lampada spenta."
Sempre in Friuli, come del resto nelle vallate
delle Alpi lombarde, si crede che i morti vadano in
pellegrinaggio a certi santuari, a certe chiese lontane
dall'abitato, e chi vi entrasse in quella notte le
vedrebbe affollate da una moltitudine di gente che non
vive più e che scomparirà al canto del gallo o al levar
della "bella stella".
A queste credenze s'ispira uno dei più
significativi racconti di Caterina Percoto,
la ben nota scrittrice friulana, che tanti
motivi trasse dal folklore della sua terra.
Questa presenza dei morti, avvertita con
un'intensità che raggiunge la potenza
di una visione, è però sempre associata,
nella mentalità popolare, all'azione benefica
e alla speranza nella beatitudine eterna.
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In Lombardia abbiamo invece "gli oss de mord"
o "oss de mort", fatti con pasta e mandorle toste,
cotti al forno, di forma bislunga, con vago sapore
di cannella in particolare.
A Bormio, la notte del 2 novembre si era soliti
mettere sul davanzale una zucca riempita di vino
e, in alcune case, si imbandisce la cena.
Ma anche nel Vigevanasco (Vigevano) e in
Lomellina si suole mettere in cucina un secchio
(l'acqua fresca, una zucca di vino, piena, e sotto
il camino il fuoco acceso e le sedie attorno al focolare"
A Comacchio c'e' invece "il punghen cmàciàis"
- il Topino Comacchiese, dolce a forma di topo
preparato in casa… -
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In Piemonte, si soleva per cena lasciare un
posto in più a tavola, riservato ai defunti che
sarebbero tornati in visita.
In Val d'Ossola sembra esserci una particolarità
in tal senso: dopo la cena, tutte le famiglie si
recavano insieme al cimitero, lasciando le case
vuote in modo che i morti potessero
andare lì a ristorarsi in pace.
Il ritorno alle case era poi annunciato
dal suono delle campane, perchè i
defunti potessero ritirarsi
senza fastidio.
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In Puglia la sera precedente il due novembre,
si usa ancora imbandire la tavola per la cena,
con tutti gli accessori, pane acqua e vino,
apposta per i morti, che si crede
tornino a visitare i parenti, approfittando
del banchetto e fermandosi almeno sin
o a natale o alla befana.
Sempre in Puglia, ad Orsara in particolare,
la festa veniva (e viene ancora chiamata)
"Fuuc acost" e coinvolge tutto il paese.
Si decorano le zucche chiamate "Cocce priatorje", si accendono
falò di rami di ginestre agli incroci e nelle piazze e si cucina
sulle loro braci; anche qui comunque gli avanzi vengono
riservati ai morti, lasciandoli disposti agli angoli delle strade.
Diffusa è anche l'usanza della questua fatta da
schiere di ragazzi o di contadini e artigiani che
vanno di casa in casa cantando un'appropriata canzone.
Questa costumanza in Puglia si chiama senz'altro cercare
"l'aneme de muerte" e si apre con questa specie di breve
serenata rivolta alla massaia:
"Chemmare Tizie te venghe a cantà
L'aneme de le muerte mò m'a da dà.
Ah ueullà ali uellì
Mittete la cammise e vien ad aprì."
"La persona a cui è rivolta la canzone di
questua si alza, fa entrare in casa la brigata
ed offre vino, castagne, taralli ed altro".
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Nella parrocchia di San Luigi Gonzaga a Foggia,
guidata da don Guglielmo Fichera, da alcuni anni
nel pomeriggio del 31 ottobre, adulti e bambini,
catechisti e genitori, hanno indossato abiti e portato
simboli che ricordano il santo di cui portano il nome.
La festa di “quelli vestiti come i santi” inizia
con la processione animata con canti e preghiere
che si snoda per le vie della parrocchia che attenzione
non si chiama “processione di tutti i santi”,
ma processione di “quelli vestiti come i santi”.
Gli abiti per tale festa vengono realizzati in economia,
con semplicità, in maniera artigianale,
con pezzi di stoffa e accessori recuperati dalle cose
e dai materiali che sono in casa o acquistati a
poco prezzo al mercato. Povertà creativa,
dunque, non spreco di denaro, perché bisogna
testimoniare il Vangelo, non fare una sfilata di moda!
Dopo la processione e dopp la Santa Messa, in chiesa
viene esposto il Santissimo Sacramento e si prega
in vario modo per lodare Dio e per riparare
tutti i tipi di “brutture” operate nella notte dai
“devoti di Halloween”.
C’è poi la festa nei locali parrocchiali con tanti
palloncini colorati, tante luci, tanti giochi, dolci e canti:
è allora che grandi e piccoli si chiedono
l’un l’altro: il simbolo che porti, che significato ha
nella vita del santo di cui porti il nome? Insomma non
più “dolcetto o scherzetto” ma dimmi che santo sei”.
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In Sardegna dopo la visita al cimitero e la messa, si tornava
a casa cenare, con la famiglia riunita. A fine pasto però non si
sparecchiava, lasciando tutto intatto per gli eventuali defunti
e spiriti che avrebbero potuto visitare la casa durante la notte.
Prima della cena, i bambini andavano in giro per il paese a
bussare alle porte, dicendo: <<Morti, morti...>> e ricevendo
in cambio dolcetti, frutta secca e in rari casi, denaro. |
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In Sicilia c'e' l'usanza di preparare doni e dolci per i
bambini, ai quali viene detto che sono regali portati dai
parenti trapassati. I genitori infatti raccontano ai figli che se
durante l'anno sono stati buoni e hanno recitato le preghiere
le anime dei defunti, i "morti" porteranno loro dei doni.
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Dolci Tradizionali
In Sicilia troviamo:
- "la mani" (un pane ad anello modellato a forma
di unico braccio che unisce due mani)
e
- "il pane dei morti" (un pane di forma antropomorfa
che originariamente si suppone fosse un'offerta
alimentare alle anime dei parenti morti).
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Le strenne.
In Sicilia, le anime dei morti, il 2 novembre,
recano i doni ai bimbi, doni che vengono appunto
chiamati "cose dei morti".
Per ottenerli, i bimbi recitano questa preghiera:
"Armi santi, armi santi (= anime sante) Io sugnu unu
e vuatri siti tanti: ( = io sono uno e Voi siete tante)
ntra stu munnu di guai.
Cosi di morti mittiminni assai"
(= cose dei morti, cioè regali, mettetemene assai);
(s'intende nella scarpetta o nel cestello che i bimbi
lasciano la sera appesa alla finestra o a capo del letto).
E i morti scendono a schiere bianche e
spettrali, entrano in chiesa, assistono alla
prima messa, poi si dirigono alle loro case
a ritrovare i loro cari.
L'ingenua fantasia del popolo li vede.
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A Palermo una antica tradizione, legata alla festa
dei morti, voleva che i genitori regalavano ai bambini
dolci e giocattoli, dicendo loro che erano stati
portati in dono dalle anime dei
parenti defunti. Di solito per i maschietti
si usava donare armi giocattolo,
alle bimbe: bambole, passeggini, assi da stiro,
fornelli. I più facoltosi regalavano tricicli
e biciclette fiammanti.
Al mattino si trovava il regalo nascosto
in un punto insolito della casa, nella notte
tra l'1 e il 2 novembre. La sera prima
si nascondeva la grattugia perché si
pensava che i defunti, a chi si fosse
comportato male, sarebbero andati
a grattare i piedi!
La festa ha un origine e un significato che si collegano
al banchetto funebre, di cui si ha ancora un ricordo nel
"consulu siciliano" , il pranzo che i vicini di casa offrivano
ai parenti, dopo che il defunto era stato tumulato.
Celebri tra questi dolci sono quelli a forma umana,
quali:
- "i pupi ri zuccaru" detta Pupaccena
(una statuetta cava fatta di zucchero - o pasta di miele -
indurita e dipinta con colori leggeri con figure tradizionali
(Paladini, ballerini ed altri personaggi del mondo
infantile)
e
- "i biscotti" detti "ossa ri muortu" o “u pupu cu l’ovu”.
Alcuni dolci tipici sono anche:
- la tradizionale "muffulietta",
un tipo particolare di pane (spugnoso e morbido) con poca
mollica che si "conza" (si prepara) con OLIO, ACCIUGA,
ORIGANO, SALE E PEPE con la variante del POMODORO fresco.
- i frutti di martorana, fatti con pasta di mandorle e poi dipinti,
sono spesso vere opere d'arte per la straordinaria somiglianza
a quelli veri (nespole, castagne, pesche, fichidindia, arance
e tanti altri) e sono molto buoni.
- "u misto"(u ruci mmiscu):
il dolce misto fatto da rimasugli di biscotti impastati una
seconda volta, bianco per la velatura di zucchero e
marrone per la presenza di cacao;
- U CANNISTRU, con frutta secca, fichi secchi e datteri
che riempiono il fondo, poi la martorana e i biscotti,
'a MURTIDDA, il tutto sormontato dalla Pupaccena .
Per renderlo più scintillante bastava aggiungere dei cioccolatini
con carta stagnola e filamenti di carta di diversi colori.
A Palermo si svolge La Fiera dei Morti:
le bancarelle offrono ai vari visitatori l'opportunità
di potere acquistare giocattoli, vestiario, dolciumi
di ogni genere per preparare appunto il tradizionale "Cannistru".
"In Cianciana (Sicilia)" escono dal Convento
di S. Antonio de' Riformati; attraversano
la piazza e arrivano al Calvario:
quivi, fatta una loro preghiera al Crocefisso,
scendono per la via del Carmelo.
E' nel passaggio appunto che lasciano i loro regali
ai fanciulli buoni. Nel viaggio seguono questo ordine:
vanno prima coloro che morirono di morte naturale,
poi i giustiziati, poi i disgraziati, cioè i morti per disgrazia
loro incolta, i morti "di subito", cioè repentinamente,
e via di questo passo.
In Casteltermini (Sicilia) il viaggio è ogni sette anni,
e i morti lo fanno attorno al paese, lungo le vie
che devono percorrere le processioni solenni"
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LE FAVE
Cibo di rito per la ricorrenza dei morti sono le fave.
"Secondo gli antichi - dice il Pitrè - le fave contenevano
le anime dei loro trapassati: erano sacre ai morti.
Presso i Romani avevano il primo posto nei conviti funebri".
Anche quest'uso fu dalla pietà cristiana portato sopra un piano
più alto e riempito di un nuovo significato: poiché le fave, o anche
i ceci lessi, in capaci bigonci venivano posti agli angoli delle strade
e ciascuno vi poteva attingere a volontà. S'intende... che di più vi
attingevano i poveri. Ancora oggi in Capitanata (Puglia)
"molte famiglie cuociono in grosse caldaie notevoli quantità
di ceci o di grano, che condiscono col succo degli acini di
melograno, e ne offrono dei piatti ai poveri in suffragio delle
anime dei defunti". Ora, le fave dei morti sono, di regola,
sostituite con dolci di egual nome, e di foggia più o meno simile.
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Diocesi di Noto
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La commemorazione dei defunti in Sicilia
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La "festa dei morti" in Sicilia è una ricorrenza molto sentita, risalente
al X secolo e viene celebrata il 2 novembre, per commemorare i defunti.
Si narra che anticamente nella notte tra l'1 ed il 2 novembre i defunti
visitassero i cari ancora in vita portando ai bambini dei doni.
Oggi questi doni vengono acquistati dai genitori e dai parenti nelle
tradizionali "fiere", che si svolgono in molte parti della Sicilia.
Qui vi si trovano bancarelle di giocattoli e oggetti vari da donare ai
bambini. Questi ultimi vengono poi nascosti in casa e trovati dai
bambini, al mattino presto, con una sorta di caccia al tesoro.
Oltre a giocattoli di ogni sorta, esiste l'usanza di regalare scarpe
nuove, talvolta piene di dolcetti, come i particolari biscotti
chiamati
"crozzi 'i mottu",
- ossa di morto -
e la frutta
secca, biscotti
e cioccolatini,
la frutta
di martorana
e i pupi
di zucchero,
generalmente accompagnati da 'u cannistru', un cesto ricolmo
di frutta secca (... altro che il dolcetto di Halloween).
In alcune parti della Sicilia viene preparata
(la mattina del 2 Novembre) la muffoletta, "cunzata"
con olio sale pepe e origano. La giornata prosegue
con la visita al cimitero dove riposano i loro defunti,
più vicini e più cari.
In questi giorni e precisamente il 31 ottobre, vigilia
della festa di Tutti i Santi, qualcuno celebra la festa di
Halloween. Festa popolare di tipo pagano che a noi
cristiani non interessa.
(1)
Foto1: Bancarella di Frutta Martorana
(diffusissimi nei bar siciliani nei giorni della
commemorazione dei morti)
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(2)
Foto2: Frutta Martorana
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(3)
Foto3: Pupi di Zucchero
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In Veneto le zucche venivano svuotate, dipinte e trasformate in
lanterne, chiamate lumere: la candela all'interno rappresentava
cristianamente l'idea della resurrezione. |
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Per i contenuti di questa pagina ringraziamo i siti ed i libri:
(Estratto da: Paolo Toschi, "Invito al folklore italiano",
Studium, Roma)
http:/www.palermoweb.com/
www.correrenelverde.it
(da cui abbiamo preso molte notizie).
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Tempo sprecato per la cultura (wasted time for culture) |
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Guida al sito (Guide to the site) |
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Ogni giorno, quasi, il sito Vi propone qualcosa.
Quindi continuate a visitarlo.... se potete... regolarmente.
VOTATELO!!!!
IN CONTINUA EVOLUZIONE. |
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Le pagine (pages) |
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Secondo il titolo della pagina... l'argomento inserito è generalmente ... unico.
Ma le pagine non sono statiche. Variano con aggiunte.
N.B.
Il materiale inserito è scaricabile, ma ricordatevi di CITARE la fonte.
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