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Poesie, aforismi, filosofia, foto del mondo, concorsi, matematica, personaggi, UFO. |
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Copyright @ opere di Domenico Ruggiero
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Henri BERGSON. IL suo Pensiero (27-6-2012) |
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Il dualismo
Bergson non ha esitazioni a dichiarare la sua adesione al dualismo contrapponendosi a quello che lui definisce come il preconcetto della filosofia che ha sempre cercato, sin dagli inizi della sua storia, di superare il naturale dualismo, conseguendo l'unità del reale.
Sin dal titolo la sua opera "Materia e memoria", infatti sottintende quel dualismo che solo permette di evitare la confusione tra quelle che sono differenze di natura, per esempio in forme organiche ed inorganiche, riferendole invece, in nome dell'unità del reale, a differenze di grado all'interno di un unico piano di realtà. È questa iniziale confusione e l'incapacità di accettare che gli oggetti del pensiero sono dei "misti", degli intrecci dualistici, che ha reso irrisolvibili quei problemi che mal definiti all'inizio e mal analizzati, hanno portato agrossolani errori come ad esempio il presunto dualismo ordine-disordine che ben analizzato si rivela invece come la differenza tra due differenti forme di ordine e così la differenziazione del possibile come ciò che si allontana dal reale mentre per Bergson il possibile è qualcosa che si aggiunge alla realtà.
Anticipando le teorie dei pragmatisti Bergson è convinto che all'origine di ogni problema irrisolto ci sia una errata formulazione del problema stesso, dovuta a una errata concezione della realtà. Vi è stato quindi un cattivo uso dell'intelligenza a cui dobbiamo porre rimedio adoperandola correttamente.
Intelligenza e intuizione
Bergson è stato accusato di preferire l'irrazionale per una sua sfiducia nella razionalità. In vero egli riconosce la funzione dell'intelligenza come strumento di conoscenza ma si rifiuta di pensare che questo debba essere l'unico strumento del sapere.
L'intelligenza è sempre diretta all'azione, al risultato: è come, dice Bergson, le forbici di un sarto che ritagliano di un intero tessuto, quella parte che serve a confezionare l'abito. Siccome l'intelligenza è soprattutto analitica, essa poi procederà a ritagliare, ad analizzare, quella parte del reale che ha preso in considerazione: così come farà il sarto per fare le maniche del vestito.
Ma il sarto prima di tagliare la stoffa l'ha considerata nel suo insieme, nella sua completa unitarietà: questa è la funzione dell'intuizione( «la simpatia per la quale ci trasportiamo all’interno di un oggetto» in "Introduzione alla Metafisica") che precede ogni atto analitico dell'intelligenza ma che è anch'essa una forma di conoscenza. Ma ora sorge la questione: che rapporto c'è tra le due forme conoscitive, intuizione e intelligenza? Non è possibile stabilirlo teoricamente, è come se si volesse imparare a nuotare prima di nuotare: solo gettandosi in acqua s'imparerà a nuotare.
Ancora una volta siamo di fronte ad un "misto" dualistico di intuizione-intelligenza che rimanda al dualismo fondamentale tra spirito (intuizione) e materia (l'intelligenza analitica che mira alla realtà, le forbici del sarto). È con l'intuizione che possiamo cogliere gli errori che l'intelligenza ha fatto nel definire i problemi che vuole risolvere, così come il sarto si accorgerà di non poter fare il suo vestito poiché ha mal calcolato la stoffa che gli serviva. Il tentativo di ridurre lo spirito alla materia o viceversa, rifiutando la coesistenza delle due forme di conoscenza ha impedito al pensiero occidentale di capire la parzialità della conoscenza intellettiva analitica.
Tempo spazializzato e durata reale
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« Un'ora, non è solo un'ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi » |
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(Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto)
Dalla confusione tra intuizione e intelligenza, è nata l'incomprensione sulla natura del tempo. L'intelligenza che ha sempre di mira fini pratici, concepisce il tempo, così come fa anche la scienza, come una serie di istanti concatenati e misurabili: ha una visione del tempo spazializzata come se in una pellicola cinematografica si pretendesse di cogliere la finzione del movimento da ogni singolo fotogramma e non dal loro fluire e scorrere in una unità indistinta. |
Così per il tempo non esistono singoli istanti ma un loro continuo fluire non scomponibile ma vissuti nella loro durata reale nella coscienza di ognuno dove gli stati psichici non si succedono ma convivono. Diverso è quindi il tempo della scienza da quello reale che ciascuno di noi vive nella propria coscienza. Famoso è l'esempio della zolletta di zucchero che si scioglie in un bicchiere d'acqua: la fisica calcolerà il tempo che lo zucchero impiegherà a sciogliersi secondo un procedimento analitico che va dall'istante iniziale a quello finale della liquefazione e questo tempo così calcolato sarà definito simbolicamente uguale per tutte le volte che si misurerà nelle stesse condizioni: mentre molto diverso sarà il tempo vissuto della mia coscienza che non terrà conto del tempo spazializzato e oggettivato della fisica ma piuttosto dalle mie condizioni psicologiche di insofferenza o calma: questo sarà il vero tempo per me.
Memoria
Su questa concezione del tempo Bergson fonda la sua interpretazione della memoria nella sua opera "Materia e memoria". Già David Hume si era dedicato a questo problema concependo la memoria come il persistere attenuato della percezione iniziale, un po' come una molla che continua a vibrare sulla spinta del primo impulso. Bergson però, nota come secondo la scienza medico-psicologica questo rapporto tra percezione e memoria non viene riscontrato. Quindi ci deve essere un diverso rapporto tra percezione e memoria. Egli ritiene che la percezione sia un ritagliare un'immagine parziale della realtà percepita che dura per l'istante della percezione e che poi viene superata da altre percezioni, ritagli, della realtà. La memoria è invece l'accumularsi, lo stratificarsi dei ricordi, duraturo e sempre tutt'intero presente, indipendentemente dalla coscienza che si ha, e la cui dimensione temporale non è l'istante, come per le percezioni, ma la durata reale.
Il tutto è rappresentabile come un cono rovesciato:
- l'intersecazione della punta con il piano rappresenta il presente;
- la punta del cono è l'istante della percezione del reale;
- la base del cono è il passato dov'è la memoria.
Come base (memoria) e punta (percezione) del cono costituiscono un tutt'uno, così il rapporto tra la percezione del reale (materia-punta del cono) e la memoria (spirito-base del cono): la presunta differenziazione di spirito e materia diviene ora un tutt'uno.
L'evoluzione creatrice
Questa continua differenziazione nello sviluppo della vita in varie direttrici evolutive, per esempio lungo la linea organico-inorganico, spiega l'evoluzione delle forme viventi. Quando siamo bambini, spiega Bergson, il nostro futuro sviluppo è caratterizzato da un numero imprecisato di tendenze: pensiamo di volta in volta, mentre cresciamo, che faremo il pompiere, il giornalista, l'esploratore..ecc, ma poi alla fine una sola di queste strade diverrà reale. Nella natura avviene altrettanto: all'inizio si dipanano molte vie evolutive, alcune di queste si bloccano, e altre invece proseguono, e la forza, la spinta creatrice che era nella linea di sviluppo che si è fermata, prosegue, confluisce e dà forza alle linee che continuano ad evolversi con uno "slancio vitale". È come dire che dalle scimmie antropomorfe lo scimpanzé rappresenta una linea evolutiva che all'inizio ha continuato la sua evoluzione, che poi si è fermata, mentre proseguiva in un'altra direzione lo slancio vitale che ha portato all'homo sapiens.
La metafisica
Mentre le forme vegetali si sono bloccate, i microrganismi si sono fermati nella loro evoluzione, l'uomo è l'unico che continua nel suo slancio creatore non tanto a livello biologico ma nella sua attività culturale continua a modificare la realtà seguendo quello slancio creatore che era all'origine della sua evoluzione e assomandone in sé la forza iniziale. L'uomo, non creatore dal nulla, ma subcreatore poiché egli non dà esistenza a realtà che prima non erano ma crea delle forme dove esprime in modo originale realtà prima inesistenti, trasfigurandole con la sua invenzione, con l'arte, con la scienza, con la stessa filosofia che può "creare" un nuovo senso della vita dell'uomo portandogli la felicità. Tutta la civiltà umana è il risultato dello slancio creatore dell'uomo.
La libertà
Nella sua ultima opera "Le due fonti della morale e della religione", Bergson allarga i temi centrali del suo pensiero dando loro una prospettiva etica universale. Come nell'evoluzione creatrice, così anche nelle società umane avviene che alcune si blocchino e si fissino in società chiuse, conservatrici, espressioni dell'egoismo individuale: queste però possono essere liberate e rese aperte da una società di uomini liberi e creatori che si compenetrano tra loro. Con l'emozione creatrice essi daranno vita ad una "simpatia" (sun pathos,un sentire insieme) una indifferenziata unità di passioni interiori, per spezzare, «come una carica di cavalleria», il cerchio ferreo di quelle società che vogliono bloccare lo slancio vitale della civiltà umana. Queste società sono ora sotto gli occhi di Bergson che assiste nel ghetto di Parigi alle perrsecuzioni antisemite naziste e a cui egli, convertito al cattolicesimo ma proveniente da una famigliae braica potrebbe sottrarsi per invito degli stessi tedeschi. Nasconderà la sua conversine, resa pubblica nel suo testamento, e per solidarietà con i più perseguitati dei francesi farà della sua morte insieme a loro un ultimo atto di libertà.
http://it.wikipedia.org/wiki/Pensiero_di_Bergson
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